Come vivo il mio tempo?
Che cos'è il tempo?
La nostra è una società che corre. Quotidianamente veniamo inondati da richieste e spesso viene dato per scontato che debbano essere eseguire velocemente e bene.
Correre. Correre. Correre, questo è il mantra.
La società ci condiziona in maniera consapevole ed inconsapevole nel rapporto con il tempo. Se ci facciamo caso, anche alcune tipiche espressioni del linguaggio quotidiano lo dimostrano. Quante volte abbiamo sentito o pronunciato noi stessi le frasi "chi ha tempo non aspetti tempo", “c'è un momento giusto” per fare le cose. Ma proprio quando le diciamo o le ascoltiamo non consideriamo che questo “momento” spesso viene dettato solo ed esclusivamente dal contesto in cui viviamo, dalla nostra età e da alcune credenze. Ci è stato detto qual è il tempo giusto per trovare un lavoro, sposarsi, fare dei figli e tutto questo indipendentemente dai nostri reali desideri. Il tempo nella nostra società è monetizzato, “il tempo è denaro” e pertanto non va sprecato, a qualunque costo. Dobbiamo essere produttivi, sempre attivi e non fermarci mai.
Ma in tutto questo, che fine fanno il nostro benessere e la nostra serenità? Quando ci è richiesto di essere sempre pronti, di riempire ogni momento di eventi, impegni e passatempi, quanto tempo ci rimane per “essere” davvero? E se ci prendiamo un attimo di respiro, riusciamo a concederci facilmente di rallentare? Nella frenetica corsa a depennare le lista delle cose da fare, si corre il rischio di perdere di vista il motivo e la meta verso cui eravamo diretti.
Perché corriamo e a quale prezzo?
Ci siamo mai chiesti perché, sempre più spesso, vi sia una continua rincorsa a riempire il tempo? Anche quando potenzialmente potremmo fermarci ci troviamo ad incastrare nuove cose, nuovi impegni o possibilità.
Molto spesso si tratta di un'attitudine che si fonda su una visione di noi stessi e della vita che dà valore al fare, piuttosto che all'essere. Produttivi, efficienti, sempre impegnati, è così che dobbiamo sentirci. L'essere “rilassato” talvolta assume una connotazione negativa: concedersi di rallentare, riposare, rivedere gli obiettivi è percepito come una perdita di tempo e di opportunità.
Corriamo, per il bisogno di sentirci efficienti e attivi, e anche se perdiamo la bussola continuiamo a correre. Tenerci impegnati aiuta anche ad evitare di stare più profondamente con noi stessi, e così facendo evitiamo di chiederci cosa conta davvero per noi. Talvolta pianificare la giornata, i mesi, gli anni al dettaglio può rispecchiare un bisogno di controllo e offrire un senso di sicurezza rispetto all'imprevedibilità della vita.
Vi siete mai chiesti cosa potrebbe succedere se vi fermaste ad ascoltare i vostri bisogni? Ci riuscireste?
Vivere giornate fitte di impegni, con poche pause, può portare ad aumenti nei livelli di ansia e stress, percependo uno stato di continua tensione e allerta. A livello fisico potremmo sentirci contratti e tesi con il respiro strozzato. Con il passare del tempo potremmo anche non accorgersi dello stato di tensione, mentale e fisica, perché troppo concentrati sul fare.
La relazione con il tempo
Per arrivare alla possibilità di concedersi di poter rallentare è primario chiedersi qual è la nostra relazione con il tempo e che significato ha per noi.
Come vedo il mio tempo? Cosa sento all'idea di rallentare e concedermi una pausa? Cosa significa per me “perdere tempo”?
La percezione del tempo è un processo soggettivo, che risente di diversi fattori. Età, contesto, aspettative ed emozioni influenzano profondamente il modo in cui ciascuno di noi percepisce una medesima esperienza in termini temporali. La percezione del tempo è l’esperienza individuale e concreta del modo in cui attribuiamo significato al suo scorrere. C’è una differenza sostanziale tra il tempo cronologico, che è universale e scandito dall'orologio, e il tempo interiore che segue regole e ritmi unici e adattati alla propria storia. Spesso si può avere la sensazione di essere sopraffatti da troppi impegni e di non avere abbastanza tempo da potersi dedicare. Altre volte potremmo sentirci bloccati e percepire il futuro come qualcosa di spaventoso.
Certo, è difficile poter pensare di mollare tutto, e probabilmente non è quel che si desidera, ma il vero cambiamento consiste nel modificare il proprio modo di stare nel tempo.
Talvolta siamo così identificati con ciò che facciamo, che il correre stesso diventa un automatismo a cui non possiamo sottrarci. Con il pilota automatico in azione rischiamo di perdere l'essenza di quel che stiamo facendo o sentirci paralizzati dalla direzione verso cui siamo diretti, non sentendola più nostra. Potrebbe essere utile quindi iniziare a concedersi alcune piccole pause. Non solo pause nel bel mezzo di una giornata impegnativa, ma pause nel tentativo di trovare un momento di contatto con ciò che sentiamo.
Cosa mi sta trasmettendo quel che sto facendo? Perché lo sto facendo?
In questo modo, ci diamo la possibilità di scegliere cosa è davvero essenziale per noi e a cosa possiamo eventualmente rinunciare. Pensare alla gestione del tempo in maniera consapevole permette di accrescere la capacità di organizzare il tempo stesso in un modo equilibrato. Ciò che conta prima di ogni altra cosa è la capacità di riconoscere e rispettare il proprio ritmo, senza imporsi obiettivi e scadenze irraggiungibili e stressanti. Ma soprattutto è importante non dimenticare di dare il giusto valore alle pause. Ogni tanto va bene godersi una giusta dose di noia o viversi con meno senso di colpa la tendenza a procrastinare, abbandonando la pretesa di essere sempre pronti ed efficienti.
Il tempo è lo spazio entro cui cresciamo e per farlo abbiamo la necessità di ascoltarci, accettarci, riconoscere e affrontare le nostre paure. E per tutto questo non possiamo avere fretta, ma dobbiamo progredire un passo alla volta.